Gli HDD (hard disk drive) sono stati il sistema di archiviazione standard per i PC di tutto il mondo per oltre 30 anni, ma la tecnologia alla base di tutto è molto più vecchia. IBM ha rilasciato il primo HDD disponibile in commercio nel 1956 con una capacità di 3,75 MB.
In generale, la struttura di un hard disk non è cambiata moltissimo da allora e questi dischi che utilizzano una tecnologia magnetica per memorizzare i dati sono ancora molto utilizzati. Quello che è enormemente cambiato, è la quantità di dati che possono essere memorizzati su di essi. Nel 1987, un HDD di capacità 20 MB costava circa 350 $; oggi allo stesso prezzo si possono avere dischi da oltre 10 TB, ovvero 500.000 volte tanto.
La scocca del disco è in metallo: infatti le forze all’interno del dispositivo, quando è utilizzato intensivamente, possono essere piuttosto importanti e l’uso di metallo impedisce al corpo di flettersi e vibrare. Anche i piccoli HDD da 2,5 pollici utilizzano il metallo per il corpo, anche se tendono ad essere realizzati in alluminio, piuttosto che in acciaio, poiché sono progettati per essere il più leggeri possibile.
Capovolgendo l’unità, possiamo vedere un circuito stampato e molte connessioni. Quella nella parte superiore della scheda è per il motore che fa girare i dischi, mentre i tre gruppi inferiori sono, da sinistra a destra, i pin jumper per consentire all’unità di essere configurata opportunamente, i dati SATA (Serial ATA) e l’alimentazione SATA.
La rimozione del circuito stampato rivela come quest’ultimo si collega ai componenti all’interno dell’unità. Gli HDD non sono a tenuta d’aria, ad eccezione di quelli di grande capacità: questi usano l’elio, invece dell’aria, poiché è molto meno denso e crea minori problemi per le unità con molti dischi.
Ma questo non vuol dire, naturalmente, che i dischi siano apertamente esposti all’ambiente. Utilizzare connettori come questo, aiuta a ridurre al minimo la quantità di punti attraverso i quali sporco e polvere potrebbero entrare nell’unità. E’ possibile anche notare un foro nella cassa metallica – verso l’alto a destra nell’immagine sopra – per consentire alla pressione dell’aria di rimanere livellata con quella dell’ambiente.
Diamo un’occhiata al circuito stampato, dove ci sono 4 chip principali su cui concentrarsi:
- Il chip del controller principale che gestisce le istruzioni, il flusso di dati in entrata e in uscita, la correzione degli errori, ecc.
- Il chip (Samsung K4H561638J): 256 Mb di SDRAM DDR, utilizzato per memorizzare i dati nella cache;
- Il chip che controlla il motore che fa girare i dischi;
- SST25VF040B: 500 kB di memoria Serial Flash, utilizzata per memorizzare il firmware dell’unità (un po’ come il BIOS di un PC).
In generale, come detto, pur essendo molto ampia la gamma di HDD presenti nel mercato, per quanto riguarda il circuito stampato le differenze sono minime. I dischi di capacità maggiore presenteranno una memoria cache più grande (anche fino a 256 MB di DDR3 in certi modelli) e il chip del controller principale può essere un po’ più complesso per la gestione degli errori, ma nulla più di questo.
Andando a guardare all’interno, la nostra attenzione è immediatamente attratta dal grande disco metallico. Il nome corretto è “piatti” e possono essere fatti di vetro o di alluminio, rivestiti con più strati di diversi composti. La nostra unità da 1 TB ha due piatti, quindi ognuno deve memorizzare 500 GB sulle due facce.
L’immagine di questi piatti polverosi e pelosi non rende giustizia alla precisione ingegneristica necessaria per produrli. Nel nostro HDD, il piatto di alluminio ha uno spessore di 1 mm, ma è stato lucidato a tal punto che l’altezza media delle variazioni della superficie è inferiore a 30 nm.
Uno strato base spesso solo 10 micron, comprendente diversi strati di composti, è stato applicato al metallo. Questo viene fatto prima attraverso placcatura elettrolitica e quindi attraverso la deposizione di vapore, che prepara il disco per il materiale magnetico che viene utilizzato per memorizzare i dati digitali. Questo materiale è solitamente una lega complessa di cobalto ed è disposto in anelli concentrici, ognuno dei quali è largo circa circa 250 nm e profondo 25 nm. Su scala microscopica, le leghe metalliche formano grani, come bolle di sapone che galleggiano sull’acqua.
Ogni grano ha il suo campo magnetico, ma può essere allineato in una direzione impostata. Il raggruppamento di questi campi dà origine ai bit 0 e 1 di dati. Per approfondire questo argomento, rimandiamo a questo documento della Yale University. I rivestimenti finali sono uno strato di carbonio per la protezione e quindi un polimero per ridurre l’attrito di contatto. Insieme, arrivano a non più di 12 nm di spessore.
Quello che vediamo al centro è un cappuccio metallico che tiene saldamente il piatto in posizione sul motore del mandrino – l’azionamento elettrico che ruota i dischi. In questo HDD, i piatti ruotano a 7200 giri/min, ma altri modelli funzionano più lentamente. Le unità più lente riducono il rumore e il consumo energetico, ma riducono anche le prestazioni, mentre altre unità più veloci possono raggiungere i 15.000 giri/min.
Per ridurre gli effetti dannosi della polvere e dell’umidità nell’aria, un filtro di ricircolo (box verde) raccoglie minuscole particelle e le intrappola all’interno. L’aria mossa dalla rotazione dei piatti assicura un flusso costante sul filtro. Sulla parte superiore dei dischi, e accanto al filtro, ci sono i separatori dei piatti: questi aiutano a ridurre le vibrazioni e mantengono anche il flusso d’aria il più regolare possibile. In alto a sinistra dell’immagine, indicato da un riquadro blu, c’è una delle due barre magnetiche permanenti. Queste forniscono il campo magnetico necessario per spostare il componente evidenziato in rosso.
Quelle punte metalliche (evidenziate in rosso nella figura precedente) sono i bracci attuatori che tengono le testine di lettura/scrittura del disco rigido: si muovono avanti e indietro sulla superficie dei piatti (superiore e inferiore) a una velocità incredibilmente elevata. Date un’occhiata a questo video e, come vedrete, ricordate che un HDD non è resistente all’acqua!
HDD meccanici: quali sono le cause più frequenti di guasto?
E’ capitato a tutti, prima o poi nel suo ciclo di vita, anche l’HDD migliore può improvvisamente abbandonarci rendendo i dati in esso contenuti non più accessibili. In questo caso l’unica soluzione rimane il ricorso a professionisti specializzati.
Per saperne di più, abbiamo posto qualche domanda al team di PrinceLab, azienda da 25 anni specializzata nel recupero dati con diverse sedi in Italia.
Quali sono le cause più frequenti di guasto degli HDD che vi vengono inviati per il recupero dei dati?
PrinceLab. I problemi più frequenti riguardano indubbiamente le testine. In particolare, è abbastanza frequente il fenomeno dell’Head Crash ovvero il collasso delle testine sul piatto (in seguito a caduta, urto, salti di corrente..). Ricordiamoci che le testine, che “galleggiano” a pochi nanometri dalla superficie del disco rigido per effetto del flusso d’aria generato dalla rotazione del disco, non ne toccano la superficie, ma leggono le informazioni da una distanza di qualche milionesimo di millimetro dai piatti. Quando la testina tocca la superficie dell’Hard Disk, avviene il cosiddetto “Head Crash”, uno dei danni più gravi in cui il disco rigido può incorrere. Se, infatti, le testine dovessero collassare sulla superficie dell’HDD, ne scalfirebbero il sottilissimo strato magnetico che contiene i dati.
In questi casi gravi è ugualmente possibile intervenire per il recupero dei dati?
PrinceLab. Un Head Crash, come dicevo, scalfisce la superficie del disco fisso, togliendo il film magnetico su cui sono scritti i dati. Di fatto, è il più grave danno per un Hard Disk, che risulterà difficilmente recuperabile. Tuttavia, anche in questo caso, ci possono essere delle residue possibilità a seconda dell’area di disco interessata dalla distruzione dello strato magnetico.
Se il danno fisico, ad esempio, è avvenuto in un’area dati, avremo la perdita dei dati che erano memorizzati in tale area ma potremo provare a recuperare i dati scritti nelle altre zone del disco. Se invece è stata rovinata l’area in cui sono memorizate le informazioni fondamentali che consentono di leggere l’intero Hard Disk, questo sarà irrecuperabile.
Un altro caso particolarmente sfortunato, che toglie qualsiasi speranza di Data Recovery, è quando le particelle dello strato scalfito si staccano e vanno a incastrarsi tra il disco e le testine: dato che il disco ruota ad altissima velocità, in questo caso l’abrasione della superficie continuerebbe finché il disco non viene fermato.
Esistono anche altre tipologie di danno “estremo”?
Prince Lab. Purtroppo sì, e rientrano sempre nelle tipologie di guasto più gravi, ovvero quelle che riguardano le testine e la superficie dei piatti. Ad esempio, le testine possono anche “accartocciarsi” e piegarsi su se stesse: questo avviene quando la rotazione del disco, per effetto di una non corretta alimentazione o per urto, avviene al contrario. Altro caso “drammatico” è il distacco delle testine dal braccio, solitamente dovuto a surriscaldamento. Anche in questo caso, poichè le testine cominceranno a sbattere casualmente all’interno dell’hard disk in rotazione, i danni alla superficie dei piatti possono essere ingenti.
Esistono dei sintomi che ci avvertono che qualcosa non va nel nostro HDD?
PrinceLab. Il sintomo più tipico è quando il nostro disco inizia a fare qualche strano rumore meccanico: questo è un indizio fondamentale che nel disco sta avvenendo qualcosa di insolito, verosimilmente un danno della superficie. In questi casi è molto importante provvedere a un backup dell’intero HDD; se dovessero anche verificarsi problemi di accesso ai dati o lunghi tempi di attesa, la cosa migliore è spegnere il pc per evitare che il disco, ruotando, subisca danni irreparabili. A quel punto contattare subito un centro di recupero dati: insistere nel tentare di recuperare i dati, magari utilizzando uno dei tanti software gratuiti che si trovano in rete, non può far altro che peggiorare la situazione.
Conclusione
Nel ringraziare PrinceLab per le preziose informazioni, ci diamo appuntamento ad un prossimo articolo nel quale conosceremo gli eredi degli hard disk meccanici: i Solid State Drive (SSD).