Le città vogliono diventare a emissioni zero

Le città vogliono diventare a emissioni zero

Più della metà della popolazione mondiale vive attualmente in città e, a metà del secolo, il 68% di tutti gli esseri umani del pianeta vivrà in aree urbane. Tuttavia, proprio le città sono già adesso responsabili del 60% delle emissioni di gas serra. Man mano che le popolazioni urbane aumentano, anche il loro impatto sul clima aumenta.

Le città sono anche i luoghi dove l’impatto dei cambiamenti climatici è più forte. Le masse di cemento, metallo e vetro, tipiche delle aree urbane, possono renderle più calde del paesaggio circostante a causa del modo in cui assorbono, emettono e riflettono il calore. Inoltre, la scarsità d’acqua e il peggioramento dell’inquinamento atmosferico minacciano di rendere la vita in molte città insopportabile.

In risposta a questo trend preoccupante, 25 megalopoli si sono ora impegnate a diventare carbon neutral entro il 2050. Queste includono Rio de Janeiro, New York, Parigi, Oslo, Città del Messico, Melbourne, Londra, Milano, Città del Capo, Buenos Aires, Caracas, Copenaghen e Vancouver. Se il mondo spera di soddisfare l’ambizione di limitare gli aumenti della temperatura globale a 1,5 °C, raggiungendo zero emissioni nette di carbonio entro la metà del secolo, altre città dovranno quasi certamente fare lo stesso. Quindi, cosa dovranno fare le nostre affollate metropoli per diventare carbon neutral?

Certamente una delle maggiori sfide che le città devono affrontare sono le loro emissioni di carbonio derivante dai trasporti. Alcune città stanno già cercando di ridurle, insieme ad altri tipi di inquinamento da veicoli, introducendo zone a bassissmi emissioni (ULEZ). A Londra, ad esempio, l’area coperta da ULEZ è stata recentemente ampliata di 18 volte dall’iniziale centro della città, ed è ora la più grande zona del suo genere in Europa.

L’obiettivo è incoraggiare le persone a scegliere automobili a basse emissioni, ma anche queste generano emissioni di carbonio durante il processo di produzione. Come misura più radicale, alcune città stanno incoraggiando le persone a evitare del tutto le auto. Parigi, ad esempio, sta creando 650 km (400 miglia) di nuove piste ciclabili e spera di aprire l’intera città alle biciclette entro il 2026 nell’ambito di un nuovo piano annunciato dal sindaco Anne Hidalgo, mentre la capitale colombiana, Bogotà, ha già realizzato 75 miglia di strade senza auto.

I ricercatori avvertono, tuttavia, che cambiamenti culturali quale quello di convincere le persone a pedalare invece di guidare possono richiedere molto tempo per realizzarsi. Ma l’ONU ritiene che i responsabili politici possano utilizzare i suggerimenti della scienza comportamentale per spingere le persone nella giusta direzione. Ad esempio, incoraggiare le persone a pedalare di più rendendo più accessibile e più facile per loro farlo, o spingere le persone a riciclare di più installando e migliorando l’accesso alle attrezzature per il riciclaggio.

Un altro importante contributo alle emissioni di anidride carbonica (CO2) nelle città è l’energia necessaria per costruire, mantenere e gestire gli edifici. Nel 2015, gli edifici sono stati responsabili del 38% delle emissioni globali di CO2 legate all’energia, con la maggior parte prodotta dopo la fase della costruzione.

Per contribuire a ridurre le emissioni che provengono dal riscaldamento, dal raffreddamento e dall’alimentazione degli edifici, tuttavia, l’industria delle costruzioni si sta sforzando di incorporare più fonti energetiche alternative nella loro progettazione. L’obiettivo è rendere gli edifici meno dipendenti dai combustibili fossili. A Ulm, nel sud della Germania, l’edificio EnerGon utilizza un processo chiamato riscaldamento passivo, attingendo a fonti di energia naturali per regolare la temperatura dell’edificio.

EnerGon città low carbon
Si tratta di EnerGon, il più grande edificio amministrativo al mondo realizzato nello standard “Passivhaus” e diventato in Germania l’emblema del progetto di abbandono del nucleare

Grandissima attenzione è stata riservata anche al sistema di riscaldamento: l’aria esterna viene sia riscaldata che raffreddata sotto terra e poi ridistribuita nel palazzo. Essa viene aspirata all’interno di una canalizzazione, attraversa un tunnel di cemento e poi viene spinta nel sottosuolo alla profondità di 100 metri dove la temperatura rimane costante per tutto l’anno (12 gradi circa). Ritornando in superficie, viene riscaldata per mezzo di scambiatori di calore o anche dal caldo generato dagli stessi computer o deagli occupanti dell’edificio. Il percorso dell’aria termina con l’espulsione nel palazzo attraverso apposite bocchette fissate negli uffici. Lo stesso meccanismo avviene per la generazione di aria fredda; cambia solo la temperatura, che viene regolata dalla circolazione di acqua fredda o calda nei muri o nei soffitti.

Ciò consente all’edificio di utilizzare il 75% in meno di energia per il riscaldamento e il raffreddamento rispetto a un edificio per uffici standard.

Ma prima ancora di essere abitati, gli edifici hanno un’enorme impronta di carbonio: l’11% delle emissioni di carbonio legate all’energia sono incorporate nella costruzione e nei materiali utilizzati.

Continuare a costruire edifici in cemento e acciaio potrebbe significare che le emissioni raggiungeranno i 600 milioni di tonnellate all’anno entro il 2050. Al momento, l’acciaio e il calcestruzzo rappresentano già circa il 16% delle emissioni globali di CO2.

L’uso del legno invece potrebbe immagazzinare fino a 680 milioni di tonnellate (617 milioni di tonnellate) di carbonio all’anno, secondo una ricerca fatta in Finlandia, poiché gli alberi assorbono CO2 dall’atmosfera e l’uso del legno per la costruzione potrebbe quindi eliminarlo per decenni. Vedi, ad esempio, il grattacielo in legno che è stato costruito in Svezia.

Un altro modo di affrontare questo problema è introducendo soluzioni basate sulla natura, come tetti verdi e pareti viventi.

“Le infrastrutture verdi risolvono molti problemi. Aumenta la biodiversità, hanno un effetto di raffreddamento derivato dall’evaporazione della vegetazione e possono assorbire una parte dell’inquinamento da particolato presente nell’aria”, afferma Benz Kotzen, professore associato presso la School of Design dell’Università di Greenwich.

Le infrastrutture verdi sono state cruciali a Singapore per ridurre la dipendenza dall’aria condizionata, afferma Cheong Koon Hean, architetto ed esperto di pianificazione urbana presso il Centre for Innovative Cities della Singapore University of Technology and Design. Gli edifici della città sono stati progettati per massimizzare la ventilazione naturale, afferma Koon Hean.

“Singapore è una città densamente popolata, e ha un clima caldo e umido”, dice. “E con la crescita della popolazione, abbiamo molti grattacieli e stiamo affrontando temperature sempre più calde”.

All’hotel Oasia di Singapore, ad esempio, un muro di verde che adorna l’esterno aiuta a raffreddare l’edificio. La temperatura della facciata misura in media 28 °C, rispetto alla temperatura superficiale di un edificio rivestito in metallo, che si aggira sui 42 °C.

Naturalmente la politica avrà un ruolo determinante. I cambiamenti necessari per raggiungere zero emissioni nette di carbonio richiedono alle autorità cittadine di bilanciare innumerevoli sistemi e interessi – e molti operano al di fuori del loro controllo.

Il rapporto tra il settore privato e quello pubblico a livello di città deve migliorare, afferma Stefan Knupfer, che guida la pratica sostenibile per McKinsey.

“Storicamente, i settori privato e pubblico a livello di città non hanno mai lavorato insieme perché le città devono amministrate come entità neutrali”, dice. “Ma abbiamo bisogno delle competenze nelle nuove tecnologie del settore privato in modo che le città abbiano a disposizione le migliori pratiche. È quasi impossibile per le città comprendere le possibilità derivanti dalla guida autonoma di veicoli elettrici, ad esempio, e avranno bisogno di competenze del settore privato.

“Città come New York e Parigi hanno piani molto chiari su come andare verso la sostenibilità. Se non hai un piano, non troverai investitori privati per investire nelle città perché gli investimenti hanno bisogno di prevedibilità”.

Knupfer raccomanda che che le città si concentrino solo su alcune aree che necessitano di miglioramenti. Le città, dice, devono concentrarsi su iniziative con un impatto sul breve periodo perché il tempo sta per scadere se si vogliono mitigare i peggiori effetti del riscaldamento globale.

“È importante lavorare su ciò che sappiamo adesso, non sognare le cose”.

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