Il punto
La ricerca, pubblicata il 28 ottobre su Science Advances, stima che l’economia globale abbia perso tra i 5 e i 29 trilioni di dollari dal 1992 al 2013, a causa del riscaldamento globale causato dall’uomo. Ma l’effetto è stato peggiore nelle nazioni tropicali a basso reddito, portando in media a una riduzione del 6,7% del loro reddito nazionale, mentre i paesi ad alto reddito hanno registrato una diminuzione media solo dell’1,5%.
Lo studio pone le basi alla necessità di introdurre politiche climatiche che affrontino l’ingiustizia ambientale. I suoi risultati fonderanno le discussioni sull’esigenza di compensare le perdite e i danni subiti dai paesi a basso reddito, che saranno un argomento chiave nella COP27.
La disuguaglianza
I modelli utilizzati nella ricerca hanno rilevato che le regioni a basso reddito, che tendono ad avere un clima caldo, soffrono maggiormente dell’aumento delle temperature, nonostante le loro emissioni siano spesso molto inferiori a quelle delle regioni più ricche. Paesi come Brasile, Venezuela e Mali sono stati tra i più colpiti, con il loro prodotto interno lordo (PIL) pro capite ridotto di circa il 5% annuo rispetto a quello che sarebbe stato senza le ondate di calore causate dall’uomo. Al contrario, la riduzione del PIL in paesi come il Canada e la Finlandia è stato solo dell’1% circa.
Ritorno economico
I modelli hanno evidenziato come le ondate di calore siano collegate ai trend economici, sia su scala nazionale che globale.
“Quindi gli investimenti mirati a mitigare gli effetti degli estremi di calore nelle parti più calde dell’anno potrebbero fornire importanti ritorni economici”. – Christopher Callahan
Compensare i danni
Lo studio sottolinea anche la necessità che i paesi ricchi paghino la loro parte, afferma Erich Fischer, scienziato del clima presso l’Istituto federale svizzero di tecnologia di Zurigo.
“Data la disuguaglianza dei danni subiti e la differente quota di emissioni storiche, il Nord globale dovrà sostenere il Sud globale nel far fronte a questi effetti negativi”. – Erich Fischer
Foto di Markus Spiske