Nell’immagine, Girolamo Cardano presenta l’oroscopo del re Edoardo VI d’Inghilterra (acquaforte di H. Meunier, XIX secolo)
La vita di Girolamo Cardano (1501–1576) non fu propriamente cristallina. Un figlio fu giustiziato per aver avvelenato la moglie e lui stesso tagliò le orecchie al suo secondo figlio durante una lite. Fu anche imprigionato per eresia dopo che pubblicò l’oroscopo di Gesù, e, in generale, ebbe una vita sempre in bilico tra studio intenso e dissolutezza. Tuttavia, forse tanto più per queste ombre, Cardano fu un vero uomo del Rinascimento: medico, filosofo, matematico, astrologo, cultore dell’occulto e scrittore prolifico.
Dopo che in giovinezza si fu dedicato soprattutto al gioco d’azzardo, cominciò gli studi universitari a Pavia e li completò a Padova nel 1525 con un dottorato in medicina. Le sue ripetute richieste di essere ammesso al Collegio dei medici di Milano furono sempre rifiutate, forse per il suo status di figlio illegittimo ma più probabilmente per la sua fama di giocatore incallito. Nessuno stupore quindi per il fatto che nella sua prima opera De Malo Recentiorum Medicorum Medendi Usu Libellus (Sulle cattive pratiche della medicina d’uso comune) prendesse in giro proprio i suoi colleghi milanesi.
Al compimento dei suoi 50 anni Cardano era secondo solo a Vesalio tra i medici europei e viaggiò molto per curare personaggi famosi. Tra i suoi pazienti vi fu anche l’arcivescovo di Scozia. Questi, si credeva soffrisse di consunzione; Cardano, che aveva millantato di poter curare questo male, partì alla volta di Edimburgo per curare l’arcivescovo. Per fortuna del paziente e della reputazione di Cardano, fu scoperto che in realtà l’arcivescovo soffriva di attacchi di asma. Quando al ritorno Cardano passò per Londra, fu ricevuto dal giovane Edoardo VI al quale cortesemente fece l’oroscopo prevedendo per lui una lunga vita e un luminoso futuro. La cosa in seguito generò un certo imbarazzo poiché il ragazzo di lì a poco morì.
In diversi periodi Cardano fu professore di matematica nelle università di Pavia, Milano e Bologna ma dovette ogni volta dare le dimissioni in conseguenza di qualche scandalo che aveva coinvolto la sua persona. Gli fu vietato di tenere pubbliche lezioni e di pubblicare libri ma, dopo essersi stabilito a Roma, per qualche strano motivo ottenne una pensione come astrologo alla corte del Papa.
Secondo una popolare diceria, dopo aver predetto a se stesso che sarebbe morto in un certo giorno, si sentì obbligato a suicidarsi per tener fede alla propria profezia.
Il tradimento di Tartaglia
Uno dei grandi problemi matematici del tempo era scoprire il metodo risolutivo delle equazioni cubiche. Famosa in quegli anni la sfida tra Niccolò Tartaglia e Antonio Maria del Fiore, per chi fosse lo scopritore della soluzione, vinta dal primo.
In questo scenario si inserisce Cardano che prega Tartaglia di spiegargli il suo metodo promettendo che lo avrebbe pubblicato nel suo libro di prossima uscita, Practica Arithmeticae (1539), citandolo come originario scopritore.
Tartaglia tuttavia rifiuta, vuoi perchè pensa di pubblicare presto lui stesso un’opera sull’algebra, vuoi perchè, assetato di gloria, non voleva accontentarsi di apparire tra le note a piè pagina di un libro altrui.
Ma il nostro non si arrende: invita Tartaglia a fargli visita, nella segreta convinzione di potergli carpire il segreto. E così è, dopo mille lusinghe e preghiere, Tartaglia si fa convincere e gli rivela il suo metodo, facendogli però giurare che la cosa deve rimanere confidenziale.
Poco tempo dopo, cominciarono a circolare voci che non fosse invero Tartaglia il primo scopritore della formula risolutiva delle cubiche; Cardano parte subito alla volta di Bologna per accertare la verità. Qui esamina i lavori postumi di Scipione del Ferro, già insegnante dell’antagonista di Tartaglia, Antonio Maria del Fiore. Cardano non ha dubbi: è del Ferro il primo scopritore e non Tartaglia, egli non deve più quindi sentirsi obbligato alla riservatezza dal giuramento fatto.
Nella sua opera del 1545, Ars Magna, il metodo risolutivo viene esposto con tutti i dettagli. Cardano, spiega, ne è venuto a conoscenza dall’amico (!) Tartaglia, ma lui stesso l’ha verificata per confermarne la correttezza. Si tratta della soluzione delle equazioni cubiche nella forma .
Tartaglia, venuto a sapere del tradimento, accusa Cardano di essere un bugiardo e un ladro: inizia così una delle più aspre faide della storia della matematica.
Cardano scrisse su innumerevoli materie, dalla matematica all’astrologia, dalla musica alla filosofia e alla medicina. Quando morì, aveva pubblicato ben 131 libri e altri 111 erano già pronti in forma di manoscritto. Uno di questi, Liber de Ludo Aleae, fu ispirato dalla sua passione per gli scacchi, i dadi e i giochi di carte (non mancavano i suggerimenti per barare). Pubblicato solo postumo nel 1663, in questo libro si trovano le basi di quella che diventerà la teoria della probabilità, ben 50 anni prima dei padri riconosciuti Fermat e Pascal. In esso, infatti, veniva esplicitamente enunciata la regola che la probabilità congiunta di due eventi indipendenti si ottiene moltiplicando le loro probabilità individuali. Ironicamente, la passione di Cardano per il gioco d’azzardo, che tanto danneggiò la sua reputazione in vita, lo aiutò a conquistare un posto nella storia della matematica.
Indubbiamente Ars Magna resta l’opera più importante di Cardano, non solo in ambito matematico. Pubblicata nel 1545, oggi verrebbe classificata come un testo sulle equazioni algebriche. L’opera ci restituisce una immagine di Cardano che va oltre quella di semplice plagiatore, contenendo interessanti spunti personali. Sebbene i numeri negativi fossero stati introdotti in Europa dai testi Arabi, la maggior parte degli algebristi dell’epoca era restìa ad accettarli e preferiva scrivere le equazioni solo con numeri positivi. Di conseguenza non esisteva una sola forma per l’equazione cubica ma 13 varianti di essa, a seconda di dove i coefficienti apparissero, se a destra o a sinistra del segno di uguaglianza.
Nella sua formula per , con p>0 e q>0, Tartaglia non forniva una soluzione immediata per tutte le diverse forme che la cubica poteva assumere: fu Cardano a estendere la scoperta di Tartaglia in modo da risolvere l’equazione per tutte le diverse posizioni dei coefficienti.
Cardano, inoltre, fu il primo a riconoscere l’esistenza di soluzioni negative per la cubica, contro l’usanza dei matematici del tempo concentrati solo sui numeri positivi, e a prevedere che l’equazione di terzo grado dovesse avere sempre tre radici.
Altro suo merito fu quello di intuire e dare riconoscimento simbolico a quelli che oggi chiamiamo numeri complessi o immaginari. Pur tenendosene ben lontano in tutta l’Ars Magna, non riuscì ad evitarli quando affrontò il problema di trovare due numeri a somma 10 e prodotto 40, ovvero di risolvere l’equazione quadratica .
Non potè fare a meno di osservare che, quasi per uno scherzo di natura, le due radici e danno proprio prodotto 40, poichè . Anche se Cardano non si avventura nel tentativo di spiegare queste “entità”, gli va dato atto di aver per primo introdotto questo spinoso problema.
Una più sostanziale innovazione portata da Cardano nella sua opera Ars Magna fu quella che, attraverso un “trucco”, permette di far sparire il termine di secondo grado nella equazione cubica. Partendo dalla forma standard e ponendo la sostituzione
si ottiene:
Se ora si pone , e
si ottiene ovvero la cosiddetta forma ridotta della cubica.
Per i più curiosi
Ma come è arrivò Cardano a determinare la soluzione generale della cubica in forma ridotta? Vista l’ammirazione per il mondo della Grecia antica in voga nel Rinascimento, non è sorprendente che egli progredì per vie geometriche emulando – come Cardano stesso dichiara – lo stile di Euclide. Qui tuttavia illustrerò il procedimento del tutto equivalente per via algebrica.
Si parte dalla identità algebrica:
Se adesso si pone e , l’identità diventa:
Si vede che fornisce la soluzione della cubica.
Si tratta quindi adesso di risolvere la coppia di equazioni:
e
in termini di a e b.
Facendo il quadrato della prima e il cubo della seconda si ottiene:
e sommando membro a membro le due equazioni:
Dunque:
Prendendo quest’ultima e mettendola a sistema con:
Si ottiene:
E adesso:
Siamo infine giunti a:
Come aveva temuto Tartaglia, questa formula è passata alla storia come la soluzione di Cardano per le equazioni cubiche. Il matematico che ha dato così importanti contributi all’algebra del sedicesimo secolo è in gran parte dimenticato e la scoperta va sotto il nome del “mascalzone”.
Riferimenti
David M.Burton, “History of Mathematics”
Girolamo Cardano su Wikipedia
De Vita Propria di Gerolamo Cardano
Girolamo Cardano su Matematica Italiana
Medicina a Padova nei secoli: Girolamo Cardano e quell’aura di magia