Il presidente Joe Biden ha annunciato il suo rivoluzionario obiettivo: eliminare, entro il 2035, la dipendenza degli Stati Uniti dalle fonte di energia non rinnovabili; risultato da raggiungere soprattutto attraverso il vento e il sole.
Poichè molto altri paesi hanno deciso di intraprendere questa strada, potrebbe apparire vicino il momento in cui il petrolio e i combustibili non rinnovabili saranno superflui, mettendo anche fine agli innumerevoli conflitti causati dai diversi paesi per il loro controllo.
Purtroppo non sarà così semplice: dal petrolio ai minerali rari
Lo sfruttamento pratico dell’energia derivante da sole e vento richiede ingenti quantità di diversi minerali, alcuni dei quali molto più scarsi del petrolio: cobalto, rame, litio, nichel, terre rare e altri. Le turbine elettriche, ad esempio, necessarie per convertire l’energia del vento in energia elettrica, utilizzano manganese, molibdeno, nichel, zinco, terre rare; i veicoli elettrici, d’altra parte, hanno bisogno di cobalto, grafite, litio, manganese e terre rare per i motori e le batterie.
Attualmente, l’energia eolica e quella solare costituiscono solo il 7% della produzione globale; i veicoli elettrici rappresentano meno dell’1% dei mezzi di trasporto in circolazione. Con questi numeri, la produzione di questi minerali si mantiene adeguata alla domanda. Ma nella previsione di una rapida transizione ai veicoli elettrici? La IEA (Agenzia Internazionale per l’energia) ha calcolato che se i diversi paesi si impegneranno seriamente verso la transizione ai veicoli elettrici, nel 2040 la domanda di Litio crescerà del 50% e quella di grafite e cobalto del 30%.
Questo ipotetico aumento della domanda, avrà delle importanti conseguenze poichè molti di questi minerali sono scarsi, la loro estrazione è difficile e costosa e la loro distribuzione sul globo terrestre è tutt’altro che uniforme. Come riassume la IEA: “a causa dei pannelli solari, delle turbine eoliche e delle auto elettriche, il mercato di tali minerali sarà sempre più soggetto a volatilità dei prezzi, a influenze geopolitiche e a pericolose interruzioni delle forniture.”
La produzione di molti minerali necessari alle tecnologie green è molto più geograficamente concentrata rispetto al petrolio o al gas naturale. Basti pensare che per quanto riguarda il litio, il cobalto e le terre rare, i 3 maggiori produttori coprono ben più del 75% della produzione mondiale. Anche i processi di raffinazione sono molto concentrati: la Cina, ad esempio, fornisce dal 50 al 70% del litio e del cobalto raffinato. La stessa Cina ha una posizione dominante nella catena di produzione delle terre rare, essendo responsabile di oltre l’85% delle operazioni necessarie a convertire questi minerali in metalli utilizzabili e in magneti.
Questa situazione genera ingenti preoccupazioni nella aziende che producono pannelli solari, turbine eoliche e batterie poichè le loro risorse di fornitura potrebbero venire bruscamente interrotte a causa di nuovi regolamenti, restrizioni al libero commercio o anche dall’instabilità politica presente in alcuni paesei. La Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, ha nel 2018 quasi triplicato le royalty sul cobalto, classificandolo come “risorsa strategica”. Lo stesso dicasi per la Cina, il cui tentativo di limitare le esportazioni di terre rare nel 2010, subito provocò pesanti ripercussioni sui mercati.
A questo si aggiunga il fatto che le pratiche estrattive di questi minerali sono spesso inquinanti, insicure e sorgente di tensioni sociali. Il 20% del cobalto prodotto dalla Repubblica del Congo si basa sul lavoro di minatori “artigianali” che operano con strumenti rudimentali e in condizioni molto pericolose. L’estrazione delle terre rare comporta l’utilizzo di grandi quantità di prodotti chimici e produce enormi scarti e acqua contaminata.
La transizione verso le energie rinnovabili si preannuncia complessa
La transizione immaginata da Biden non sarà semplice nè rapida. E’ facile immaginare che una distribuzione così concentrata dei minerali essenziali alle tecnologie green potrebbe provocare le stesse tensioni geopolitiche che abbiamo sperimentato nella recente storia per il petrolio. Consideriamo anche che gli Stati Uniti hanno accesso solo a piccole quantità di terre rare, di nichel e di zinco. L’approvigionamento di terre rare è oggi possibile solo attraverso la Cina, da sempre considerata una avversaria, e quello di cobalto solo attraverso il Congo, una delle aree politicamente più instabili del mondo.
In questo video del Financial Times, Jamie Smyth spiega perchè il controllo cinese delle terre rare è così importante.
La rivoluzione green passa per la Cina
Come visto, la Cina anche quando non produce quantità significative di alcuni minerali, è comunque leader nella loro raffinazione e lavorazione. Cobalto: 65%; nichel: 35%; litio: 60%; terre rare: 90%.
Questo strapotere cinese, implica che gli Stati Uniti non potranno fare a meno di intermediare con il gigante asiatico. Una crescente ostilità verso la Cina, come si è avuta nell’era Trump, significherebbe dire addio al piano verde di Biden e un ritorno al caro vecchio petrolio, con immaginabili gravi conseguenze per il nostro pianeta già surriscaldato.
La collaborazione è l’unica strada
Per tutto ciò che è stato detto, la transizione verso le energie rinnovabili potrà avvenire solo dalla collaborazione di tutti, Stati Uniti e Cina in primis. Apertura di nuove miniere e nuovi impianti di lavorazione, ricerca di minerali alternativi per quelli più scarsi, miglioramento delle tecniche estrattive e controllo del loro impatto ambientale, miglioramento del riciclaggio delle batterie esauste: questi i passi essenziali che richiedono una collaborazione globale, prima che sia imboccata definitivamente la strada della catastrofe ambientale.