La curva di domanda mostra la relazione tra il prezzo di un bene e la quantità richiesta. Vogliamo valutare come si modifica la domanda di un bene al variare del suo prezzo supponendo costanti i prezzi degli altri beni.
Ad esempio supponiamo di avere un budget di € 12 e che la nostra scelta tra due beni – pizza e mele – a prezzi diversi siano quelle indicate in questa tabella. Se una fetta di pizza costa € 3 e una mela costa € 1, la nostra scelta è acquistare 2 fette di pizza e sei mele. Se una fetta di pizza costa € 5 e una mela costa € 3, sceglieremo di non acquistare pizza ma solo sei mele.
Le scelte rappresentate in questa tabella non sono casuali: per ciascuna di queste combinazioni di prezzi, abbiamo usato la strategia di massimizzazione dell’utilità, ovvero scegliere pizza e mele in modo da uguagliare benefici marginali e costi marginali. Vediamo un momento questi due concetti.
Benefici marginali e costi marginali
Il beneficio marginale è l’utilità che deriva dal mangiare un’altra fetta di pizza. Il costo marginale è il costo opportunità di quella prossima fetta di pizza. Se il beneficio marginale di quella ulteriore fetta è superiore al costo marginale, sarebbe opportuno mangiare più pizza. Se il beneficio marginale è uguale al costo marginale, si è trovata l’ottimizzazione dato il vincolo di un determinato budget. Ma come misuriamo il costo marginale della prossima fetta di pizza? Ricordiamo che il budget è fisso, quindi per mangiare più pizza, è necessario consumare meno mele. Quindi, il costo opportunità di una fetta di pizza sono le mele che invece avremmo potuto consumare.
Ma perché il costo opportunità di una fetta di pizza non è semplicemente solo il prezzo di quella fetta di pizza? Perché non è il denaro che conta, conta solo cosa altro avremmo potuto fare con quel denaro. Quindi se pensiamo al costo marginale di una fetta in più di pizza in termini di quante mele non potremo acquistare, cosa lo determina? Il rapporto dei loro prezzi. Quanto più è costosa la pizza rispetto alle mele, a tante più mele dovremo rinunciare per ottenere più pizza. Pertanto, il costo opportunità, o il costo marginale di una fetta di pizza può essere espresso come rapporto tra il prezzo di una fetta di pizza e il prezzo di una mela.
Supponiamo allora che una fetta di pizza costi € 2 e una mela costi € 1. Il rapporto tra il prezzo della pizza e quello della mela è quindi 2. Questo è il costo marginale della pizza. Allo stesso modo, il beneficio marginale di un’altra fetta di pizza può essere espresso come il rapporto tra l’utilità marginale della pizza rispetto all’utilità marginale delle mele. Il vantaggio di avere un’altra fetta di pizza esprime quanto ci rende felici quella fetta di pizza in più rispetto alle mele che avremmo potuto avere.
E perché il beneficio non è solo l’utilità marginale di una fetta di pizza? A causa del costo opportunità. Se abbiamo intenzione di mangiare quella fetta di pizza, dovremo avere meno mele. Quindi, pensare solo a quanto ci rende felici la fetta in più di pizza ignorerebbe il fatto che esiste l’alternativa. Il giusto approccio è considerare quanto ci rende felici relativamente alle mele alle quali rinunciamo. Supponiamo di aver già acquistato alcune fette di pizza e delle mele e di stare ora considerando cosa comprare con i soldi rimanenti.
Ipotizziamo che un’altra fetta di pizza aumenterebbe la nostra utilità di 6 punti e che un’altra mela aumenterebbe la nostra utilità di 2 punti. Queste sono le utilità marginali di pizza e mele.
I valori di 6 e 2 che abbiamo ipotizzanto non sono al momento importanti, quello che è importante è il rapporto di questi valori. 6 diviso 2 è uguale a 3. Quindi 3 è il beneficio marginale della pizza espresso come rapporto tra l’utilità marginale della pizza e l’utilità marginale delle mele.
Considerando allora le mele come alternativa, il costo marginale della pizza è 2 mentre il beneficio marginale è 3. Poiché il beneficio marginale è maggiore del costo marginale, faremmo meglio a ordinare un’altra fetta di pizza piuttosto che accontentarci di una mela. Anche se la fetta di pizza è due volte più costosa della mela, è la scelta migliore poiché ci dà più del doppio di vantaggio aggiuntivo per la nostra utilità. Considerando quantità diverse di pizza e mele che potremmo consumare, le nostre scelte saranno ottimizzate (stante il budget limitato) se il beneficio marginale dell’ultima fetta di pizza equivale al suo costo marginale.
Supponiamo che l’ultima fetta di pizza che abbiamo comprato ci costi € 2 e che ci abbia dato un’utilità di 4 punti, e che l’ultima mela sia costata € 1 con un’utilità di 2 punti. In questo caso, il costo marginale di quell’ultima fetta di pizza è il rapporto dei prezzi, 2 diviso per 1, ovvero 2. Il beneficio marginale di quella fetta di pizza è il rapporto tra le utilità marginali – 4 diviso 2, che è ancora 2. Il beneficio marginale è uguale al costo marginale: abbiamo massimizzato la nostra utilità e scelto saggiamente i nostri acquisti alimentari.
Ritorniamo alla tabella
Notiamo intanto che quando aumenta il prezzo della pizza, ad un certo prezzo fisso delle mele, scegliamo meno pizza. Questo perchè quando aumenta il prezzo della pizza rispetto a quello delle mele, aumenta il costo opportunità del consumo di pizza.
Pensiamo in termini di strategia di massimizzazione dell’utilità. Il costo marginale della pizza è il rapporto tra il prezzo della pizza e il prezzo delle mele. Quindi, quando cresce il prezzo della pizza, il costo marginale della pizza cresce. Sappiamo che massimizzare l’utilità significa rendere uguali costo marginale e beneficio marginale: quindi se sale il costo marginale della pizza deve salire anche il suo beneficio marginale. Qual’è il beneficio marginale? È l’utilità marginale della pizza rispetto all’utilità marginale delle mele. Quindi l’utilità marginale della pizza deve
aumentare rispetto all’utilità marginale delle mele. E come possiamo aumentare l’utilità marginale di pizza? Consumandone meno.
Ora, questa conclusione potrebbe sembrare stravagante, ma è il punto chiave. Il principio dell’utilità marginale decrescente afferma che, più consumo di un bene, minore sarà la sua utilità marginale. Pensate ad esempio di essere affamati: la prima fetta di pizza avrà per voi una utilità marginale grande, la seconda fetta un po’ meno e così via al crescere della quantità di pizza. Quindi, per aumentare l’utilità marginale, bisogna consumare una quantità inferiore del bene.
Ora è evidente che consumando meno pizza, dovrò consumare più mele, altrimenti verrebbe meno l’assunzione che vogliamo spendere tutto il budget. E questo maggior consumo di mele cosa provoca alla sua utilità marginale? La abbassa. Ogni mela ha meno utilità adesso, poiché ne abbiamo di più. Quindi, guardando al beneficio marginale, come rapporto tra utilità marginali, vediamo che sostituendo la pizza con le mele, il numeratore – l’utilità marginale della pizza – cresce, mentre il denominatore – l’utilità marginale delle mele – diminuisce. Quindi il rapporto complessivo, ovvero il beneficio marginale, aumenta.
Il beneficio marginale della pizza aumenta per compensare il suo costo marginale più elevato. Adesso fissiamo il prezzo della mela a € 1 ciascuna. Per ogni prezzo della pizza sull’asse verticale, tracciamo la nostra domanda di pizza sull’asse orizzontale. Quando la pizza costa € 1 a fetta, ne compriamo otto fette. Ma quando il prezzo sale a € 3, ne compriamo solo due. Quando il prezzo di una fetta arriva a € 5, ne compriamo solo una fetta.
Se supponiamo di poter acquistare anche frazioni di fetta di pizza, possiamo collegare questi punti e completare il grafico. E questa è una curva di domanda. Quindi la curva di domanda è semplicemente il grafico delle quantità del bene che acquistiamo quando massimizziamo l’utilità ad ogni variazione di prezzo di quel bene.